Nelle settimane scorse AFFRICA aveva dato la notizia della candidatura dell’artista senegalese Youssou N’Dour e del movimento d’opposizione ‘a ritmo di musica’ contro la terza candidatura dell’ottuagenario Abdoulaye Wade alle elezioni del prossimo 26 febbraio.
La campagna elettorale senegalese fa ancora parlare di sè. La Corte Costituzionale, l’autorità che verifica l’ammissibilità dei candidati, lo scorso venerdì, 27 gennaio, ha rifiutato la candidatura del famoso cantante/imprenditore per mancanza del numero legale di firme (10.000), mentre ha accettato quella, contestatissima, del presidente uscente.
Risultato? Dakar è letteralmente esplosa: un poliziotto è morto negli scontri seguiti alla decisione e durati per tutto il weekend.
L’opinione pubblica sembra non aver apprezzato questa decisione.
Sul web i media manifestano un’insolita attenzione sull’andamento della campagna elettorale nel piccolo stato senegalese. La candidatura di Youssou N’Dour è solo una delle ragioni. L’accanimento con cui il presidente uscente Wade ha cercato il terzo mandato sta destando preoccupazioni anche all’estero. Il Senegal non ha mai conosciuto un colpo di stato e si è conquistato negli ultimi decenni un posto privilegiato tra le poche democrazie africane. Wade ha dato un’enorme contributo in questo processo: da leader del’opposizione si è distinto come ‘presidente del popolo’ per la sua attenzione e presenza tra la comunità. Il supporto popolare gli ha poi permesso di realizzare la prima vera alternanza politica nella storia del Senegal indipendente nel 2000, con la sua prima vittoria alle elezioni. Nei primi anni di governo ha avviato una serie di riforme per rendere ancora più trasparente e democratico il suo paese: in seguito ad un referendum del 2001, fu adottata una nuova costituzione che limitava a due i mandati presidenziali, di cinque anni ciascuno.
Lo stesso Wade ha rimesso mano alla costituzione nel 2007, riportando a 7 gli anni in carica per il presidente ma mantenendo il limite di due mandati. Lo scorso anno ha cercato di ottenere una nuova revisione costituzione che portasse al 25% i voti necessari per vincere le elezioni al primo turno (invece che al 50%). Tentativo fallito proprio per l’opposizione del paese. Sempre nel 2007, aveva promesso di non voler cercare un terzo mandato elettorale; promessa poi rimangiata lo scorso dicembre 2011. Wade si appiglia oggi ad un cavillo costituzionale, considerando il suo secondo mandato (quello del 2007) come il primo dopo la riforma costituzionale. Un trucco avvallato venerdí scorso dalla Corte Costituzionale, con giudici tutti nominati direttamente dalla presidenza.
In breve, da maestro ed esempio dei valori democratici, Wade sta ora dando un’immagine di se diametralmente opposta. In molti iniziano ormai a sussurrare le parole “colpo di stato costituzionale”. Le opposizioni, organizzate attorno ai movimenti M23 e ‘Y en a marre’ promettono di intensificare ancora di più gli sforzi. Il Senegal si avvia verso una campagna elettorale estremamente importante non solo per il risultato politico ma soprattutto per la storia e la stabilità stessa del paese. Riuscirà il Senegal a mantenere il vessillo di “vetrina democratica” dell’Africa?
MARIA SERRENTI, CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna
FONTI: Aljazeera | Reuters Africa | France24 | Senenews | Walf | SudOnLine