Era una piacevole sera di maggio a Rabat e mi trovavo con gli amici marocchini davanti ad un tajin fumante di carne e verdure. Racconti, ricordi d’infanzia, aneddoti di gioventù… «mi ricordo di quella volta che tornavo da sola a casa di notte – certo cosa insolita per una donna in Marocco – e un ragazzo, dopo avermi vista, si mise a correre nella direzione opposta… deve aver creduto che fossi Aisha Kandisha!», dice un’amica.
Aisha Kandisha?, chiedo; «sì, è la protagonista di una leggenda marocchina, ma è una storia vera!», mi rispondono. E così inizia il racconto…
Aisha Kandisha è uno dei tanti ginn – termine arabo che designa uno spiritello di natura sia benevola sia, per lo più, maligna – che popolano l’immaginario del Marocco. Si manifesta sotto sembianze umane, spesso come una donna bellissima con una leggera veste bianca, altre volte come una vecchia strega senza denti. In ogni caso, la si può riconoscere da un particolare caratteristico: ha zampe di cammello o di capra al posto dei piedi e delle gambe. E appare di notte, solo agli uomini.
Si narra che, nel 17° secolo, una contessa di origine portoghese cadde follemente innamorata di un ricco uomo di Safi, cittadina sulla costa atlantica del Marocco. A differenza delle donne del posto, andava senza velo e con una lunga veste bianca; tutti gli uomini potevano quindi ammirare la sua bellezza e presto venne soprannominata “kandisha”, dalla parola portoghese “condessa”, contessa. La donna si sposò quindi con il suo amato, si convertì all’Islam e prese il nome di Aisha. Secondo un’altra versione, Aisha era la figlia di un proprietario terriero dell’Alto Atlante, una giovane di rara bellezza, dalla pelle di un bianco candido, gli occhi nocciola e dai lunghi capelli neri. Per aiutare la resistenza contro gli invasori portoghesi già stabilitisi sulla costa e proteggere le proprie terre, la giovane utilizzava la sua avvenenza per sedurre gli ufficiali portoghesi, condurli in luoghi bui e appartati e quindi ucciderli. Anche dopo la sua morte continuò a vagare, specialmente vicino a corsi d’acqua e laghi, e a spaventare gli uomini che si avventuravano in luoghi isolati e che dovevano stare bene attenti a non soccombere alla sua bellezza, potendo facilmente riconoscerla dagli zoccoli di cammello invece dei piedi. Il solo modo che avevano gli uomini per salvarsi era mostrare un coltello o un oggetto metallico.
Nella variante più moderna e urbana della leggenda, Aisha sarebbe l’incubo dei taxisti, dapprincipio ammaliati da una donna bellissima ed eterea e, in seguito, spaventati dal vederla trasformarsi in vecchia strega dai piedi di cammello proprio dentro al loro taxi. In realtà, di questa che viene considerata come una delle più conosciute leggende del Marocco esistono varie versioni che talvolta si intrecciano ed è probabile che essa trovi le sue radici nella ben più antica mitologia ebraico-berbera del paese. Una cosa, però, è certa: ancora oggi Aisha Kandisha è viva nella memoria popolare marocchina, continua a spaventare gli uomini che viaggiano solitari e viene spesso invocata per tenere a bada i bambini monelli e spingerli ad addormentarsi rapidamente.
MANUELA DEIANA, CSAS – Centro di Studi Africani in Sardegna