I paesi arabi dell’Africa del Nord sono cinque: Marocco, Algeria, Tunisia, Libia e Egitto.
Solo il Marocco è una Monarchia costituzionale, tutti gli altri sono -secondo diverse formule e nomi- delle Repubbliche. Una di queste è l’Algeria, che pur scossa negli anni ’90 da un decennio di disordini interni sfociati in vera e propria guerra civile, mantiene una parvenza di democraticità, benché la percentuale dei votanti sia oramai risibile e la censura sempre alta. Gli altri tre Paesi sono governati da Presidenti a vita; sono, anche se a diversi gradi di intensità e rigore, dei regimi.
Se si eccettua il Marocco, su cui regna il giovane Mohamed VI, c’è un dato che accomuna le altre quattro nazioni: la vecchiaia dei loro leader.
Il più giovane fra tutti è la Guida della Rivoluzione libica, Muammar Gheddafi classe 1942, 68 anni; seguono l’inaffondabile Presidente algerino Abdelaziz Bouteflika, 73 anni e sempre un piede nelle stanze del potere, l’ex generale Zine El-Abidine Ben Ali, che comanda la Tunisia dal 1987 e che di anni ne ha 74 e infine Hosni Mubarak, 82 anni, 29 dei quali passati a comandare l’Egitto.
Il problema dell’età non è un dato risibile.È indubbio che nel mondo arabo il dato anagrafico abbia una sua importanza e possa esser fonte di rispetto. Resta da chiedersi però come questi leaders possano percepire il mondo intorno a loro e di come il paese stesso che governano possa rappresentarseli.C’è poi la grossa contraddizione del fatto che quando questi attuali capi arrivarono al potere erano giovani: Mubarak era vice Presidente dal 1975, Bouteflika fu Ministro già nei primi governi post-indipendenza, Ben Ali ebbe ruoli rilevanti nel governo tunisino fin dagli anni ’80, Gheddafi salì al potere che non aveva ancora 28 anni. I loro Paesi sono invecchiati con loro, spesso in simbiosi; le spinte innovative che, pur estreme, questi leader potevano avere, sono scemate fino ad scomparire e, come i loro vecchi capi, le stesse nazioni hanno perso la voglia di rinnovare, il desiderio di libertà e di novità per ripiegarsi su se stesse. Sembra che questi Paesi, tra l’altro oramai completamente ignoranti del loro passato storico, non siano capaci di ricordarsi neanche di quando -poche decine di anni fa- hanno iniziato a camminare da soli.
Questi leader, che si specchiano nei ritratti affissi ovunque nelle strade, stanno ammazzando dei giovani popoli fatti invecchiare a forza. In questi Stati la repressione di qualsiasi movimento ha stimolato l’estremismo islamico (anch’esso represso senza essere risolto), il ritorno a un passato che spesso non è neanche mai appartenuto ai popoli arabo musulmani dell’Africa del Nord e che gli attuali governanti daranno in dote ai loro successori. E questo è il peggio. Che nel desolante panorama politico di questi Paesi, dove il voto appare proforma oppure semplicemente non si esprime, non si intravede uno sbocco futuro.Questi anziani e inadatti autocrati, dai capelli sempre di un nero acceso, non sono neanche stati capaci di crearsi dei successori credibili; nessun delfino appare al largo delle sponde Sud del mar Mediterraneo.
FILIPPO PETRUCCI, CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna