Mediterraneo 2011. Vite che contano

Posted on 30 Dic 2011


Lungo il corso dell’anno appena trascorso sono state più volte divulgate le cifre dei “profughi”, degli “invasori”, dei “clandestini”, dei “disperati”, degli “immigrati”, delle persone che in territorio italiano sono arrivate e vi trascorrono la vita.

Ma quante invece non ce l’hanno fatta? Quanti uomini, donne, bambini non sono riusciti a portare a compimento il viaggio verso l’Europa?

Da anni Gabriele del Grande documenta nel blog Fortress Europe la situazione del Mediterraneo raccogliendo le storie di coloro che cercano di attraversare i confini, affiancate da un’attenta analisi delle statistiche e da una rassegna completa delle notizie.

A fine novembre, il giovane giornalista è ritornato da Tunisi con le foto di una trentina di ragazzi partiti per l’Europa e scomparsi nel nulla, alcuni dei circa cinquecento giovani tunisini di cui non si ha più notizia. Gliele hanno consegnate i loro familiari chiedendogli di pubblicarle per sapere se qualcuno, in Italia, li ha visti. Del Grande ha deciso di creare nel suo blog una sorta di Spoon River di Lampedusa associando questi volti a brandelli delle loro storie e delle loro speranze e accompagnandole da queste parole: “Cercate di incrociare il loro sguardo che non c’è più. E imparate a pronunciare i loro nomi. E a celebrarli. Perché alla fine dei conti non saranno ricordati soltanto come vittime. Bensì come martiri. Caduti in questa sporca guerra delle frontiere. Eroi ribelli di uno spontaneo movimento di disobbedienza civile contro le leggi ingiuste delle frontiere e contro la criminalizzazione della libera circolazione. Ragazzi uccisi dalle nostre ambasciate prima ancora che dalle onde del mare. Ragazzi che violando deliberatamente le leggi europee sull’immigrazione ci spingono a interrogarci sull’istituzionalizzazione del razzismo, sul divieto di circolazione e sulla detenzione amministrativa di chi è senza documenti“.

Dal 1988 sono scomparse lungo le frontiere dell’Europa almeno 18.058 persone. Almeno 2.251, tra morti e dispersi, nei soli primi undici mesi del 2011. Una media di 204 al mese, più di 6 al giorno. Una strage.

Il dato è aggiornato al 7 dicembre 2011 e si basa sulle notizie censite negli archivi della stampa internazionale degli ultimi ventitre anni. Il dato reale potrebbe essere molto più grande. Nessuno sa quanti siano i naufragi di cui non si è mai avuto notizia.


E’ in rete l’appello dei familiari dei giovani dispersi che chiedono al Ministero degli Esteri tunisino e al Ministero degli Interni italiano di collaborare nelle ricerche, attraverso la verifica delle impronte digitali; queste, raccolte per schedare le persone e ostacolarne la libertà di movimento, potrebbero in questo caso venire utilizzate per sapere se e dove siano arrivati i loro figli o fratelli.

In solidarietà con queste famiglie, che non possono venire in Italia a cercare i loro parenti, un gruppo di associazioni italiane e tunisine (leventicinqueundici, i Tunisini di Parma e l’Associazione PONTES dei tunisini in Italia) stanno diffondendo l’appello nelle maggiori città italiane, in vista di un’iniziativa di informazione pubblica prevista a Milano il 14 gennaio 2012, primo anniversario della rivoluzione.


MARIA GIOVANNA CASU, laureata in antropologia all’Università Sapienza di Roma