La questione sudanese per Jean-Léonard Touadi

Posted on 9 Giu 2011


Nove anni fa, presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Cagliari, si tenne la prima edizione della “Giornata dell’Africa”, occasione preziosa per approfondire la conoscenza di un continente che per troppo tempo è rimasto legato alla conradiana concezione di Cuore di Tenebra, privato della sua dignità nel cosiddetto “scramble for Africa” sancito ufficialmente con la Conferenza di Berlino del 1884-85, ma risalente ad almeno tre secoli prima, sino a divenire un terreno di scontro caldo durante una guerra che a latitudini superiori era “fredda”.

E’ proprio dalla caduta del muro di Berlino e la simbolica fine della Guerra Fredda che inizia l’analisi di Jean-Léonard Touadi riguardante la questione sudanese e l’imminente indipendenza del Sud Sudan, argomenti fondanti della nuova edizione dell’evento tenutosi lunedì 30 maggio presso l’Aula Magna della Facoltà di Scienze Politiche.

Jean-Léonard Touadi, onorevole nelle fila del Partito Democratico ed ex-Italia dei Valori, l’Africa la conosce bene. Nato nel Congo-Brazzaville poco prima dell’indipendenza del Paese, a cavallo tra gli ultimi rigurgiti del colonialismo francese e i nuovi venti africani degli anni ‘60, ora è anche professore di Geografia Economica Politica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ Università di Tor Vergata.

Il tema dell’incontro è tra i principali del panorama internazionale moderno e contemporaneo, quel conflitto sudanese che ha mutato forme e protagonisti, ma che nella realtà non ha mai smesso di bruciare dagli anni ’50. Tutto ciò nonostante il Comprehensive Peace Agreement del 2005, che avrebbe dovuto riportare la pace tra le regioni del Nord e quelle del Sud del Paese, promuovendo un referendum che avrebbe chiamato la popolazione sudsudanese alla scelta di secessione dal resto del paese. Così è avvenuto nella settimana di voto compresa tra il 9 e il 16 gennaio di questo anno.

Una porzione di globo terrestre che ha gli occhi di tutti puntati addosso, dopo anni di “solitudine geopolitica dell’Africa”, come a Touadi piace definirla, per una moltitudine di questioni aperte che vengono così schematizzate dal professore: il terrorismo quaedista che ha visto i propri vagiti proprio nel continente africano con gli attentati di Nairobi e Dar es Salaam contro le ambasciate statunitensi, la formazione di Al-Qaeda nel Maghreb Islamico e la nascita di piccole sacche violente anche in paesi come il Senegal e il Mali, senza dimenticare la martoriata terra di Somalia. In seconda battuta è da considerare la contesa intra-occidentale tra Stati Uniti e Francia, proposta in tutta la sua cecità durante il genocidio ruandese e riproposta nelle recenti vicende libiche e della Costa d’Avorio; una nuova manifestazione dello “scramble for Africa” che, oltre ai sopraccitati paesi, vede coinvolte Cina, India (come testimonia la recente visita in Etiopia di Manmohan Singh, Primo Ministro indiano), Giappone (visto l’incontro annuale tra businessmen nipponici e africani che si tiene a Tokyo), Israele (in prima linea nel settore dei trasporti e nelle telecomunicazioni), Turchia (che si batte per una maggiore cooperazione Sud-Sud tra Africa Mediterranea e Subsahariana, in opposizione alla politica separatista europea della fallimentare Unione per il Mediterraneo) e tanti altri paesi alla ribalta sul piano internazionale.

Il Sudan dipinto da Touadi è l’emblema africano di queste molteplici tensioni a volte incrociate, altre contrastanti ma pur sempre dalle gravi ripercussioni per il paese e per l’intera regione dell’Africa Orientale. Egli le chiama le “scorie del passato” o “scorie della Storia”: bloccano il paese, in preda a una “geopolitica del cinismo” dove un ruolo importante lo hanno anche i warlords che sempre di più erodono il potere statale, in cui lo strumento etnico è spesso sbandierato senza motivazioni, a meno che non si estenda il significato di questo aggettivo anche al coinvolgimento di paesi terzi e multinazionali. E Touadi nomina ENI, Chevron, China National Petroleum Corporation, Petronas, Finmeccanica, Texaco.

Egli indica otto questioni fondamentali per comprendere quale potrà essere il futuro del Nord Sudan e del Sud Sudan, domande e dubbi, non affermazioni in uno scenario in costante movimento:

– la mancanza di sbocco al mare del futuro stato sud-sudanese, che dovrà necessariamente passare per una collaborazione con il Nord Sudan e le rive di Port Sudan, fulcro commerciale sul Mar Rosso

– il deficit infrastrutturale del Sud Sudan, in particolar modo nella rete autostradale, ostacolo importante a una nazione che si compone di “uomini e donne in movimento”

– la questione petrolifera, che vede i maggiori giacimenti proprio nel nuovo stato sud sudanese

dimensioni del nuovo stato

– la mancanza di “human capacity, quindi l’assenza di personale formato per l’amministrazione statale a differenza di altri paesi africani, senza contare che molti di coloro che hanno studiato nel Nord Sudan potrebbero anche scegliere di non tornare al sud

– lo spinoso tema delle frontiere, circa 2000 km che rischiano di divenire un immenso cimitero

– le acque del Nilo, storicamente importanti per tutti i paesi nilotici, ora contano un nuovo stato che vorrà dire la sua nello sfruttamento delle acque, in questo momento ad appannaggio soprattutto dell’Egitto, una situazione potenzialmente pericolosa che potrebbe aprire scenari di “hydro-war”.

Jean-Léonard Touadi ammette la delicatezza della questione, ma traccia in chiusura una via che potrebbe portare alla pacifica risoluzione di tutti i punti, cioè l’importanza dell’istruzione per tutti e la formazione di una nuova classe dirigente, slegata da quella che egli chiama l’ Africa ufficiale, quella della corruzione e del malgoverno, a favore dell’ Africa informale, cioè la gente, in una nuova dialettica governo-cittadinanza.

E mentre i quesiti ci si parano dinanzi con incombente gravosità, ci si avvia verso la fatidica data del 9 luglio, giorno in cui verrà proclamata l’indipendenza del Sud: l’auspicio è quello che si tinga di arcobaleno e non di un monocromatico rosso.

SIMONE OGNO – Laureato in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali presso l’Università di Cagliari con una tesi dal titolo “Kwame Nkrumah: Africa Must Unite”. Laureando in Governance e Sistema Globale.