E’ una brutta storia estiva, che ha ricevuto relativamente poca eco nei media italiani, apparentemente più preoccupati di affibbiare un nome a ogni ondata di caldo. L’undici agosto scorso, il Comune di Affile, dalle parti di Roma, ha inaugurato un monumento al maresciallo fascista Rodolfo Graziani.
A dire il vero, qualcuno ne ha parlato, ma soprattutto per sottolineare il fatto che il monumento è stato costruito con soldi pubblici, circa 130 o forse addirittura 180 mila euro provenienti dalla Regione Lazio. Sicuramente, soprattutto in un periodo di crisi economica come l’attuale, si tratta di un uso vergognoso di risorse che avrebbero potuto trovare centinaia di impieghi migliori. Ma il vero scandalo non è quello.
Ciò che è veramente inaccettabile è che l’Italia non riesca ancora a fare i conti con il proprio passato. Graziani non era solo un esponente di punta del fascismo – il che già di per sé dovrebbe escludere la sua figura da qualsiasi celebrazione – ma il perpetratore di crimini contro i partigiani italiani e contro le popolazioni libiche ed etiopiche. Sì, quella degli italiani-brava-gente è una leggenda ormai smentita, e farebbe bene prenderne atto.
In Libia, Graziani si guadagnò il soprannome di macellaio del Fezzan per aver “pacificato” la colonia, una pace imposta attraverso massacri, torture, armi chimiche e deportazione in campi di concentramento. Il soprannome di macellaio gli rimase attaccato anche nel suo incarico successivo, in Etiopia, e a ragion veduta. Fu lui, infatti, insieme ad alcuni gerarchi del regime a pianificare l’uso di bombe all’iprite – già vietate dal diritto internazionale – che sterminarono militari e civili etiopici e permisero all’Italia di vincere la resistenza etiope e costituire l’Africa Orientale Italiana. Sempre in Etiopia, ormai assurto al rango di viceré, dopo un fallito attentato ai danni della sua persona, Graziani lasciò che si compisse la brutale rappresaglia dei fascisti, un delirio di violenza che durò per tre giorni, con uccisioni, stupri e saccheggi diretti in particolare all’élite istruita, ma non solo. Da notare che l’attentato non aveva causato nessun morto, solo alcuni feriti (tra cui lo stesso Graziani). Richiamato in Italia, Graziani fu poi Ministro della Guerra della Repubblica di Salò. Nel dopoguerra, solo il fatto di essere processato in Italia per crimini commessi contro i partigiani gli evitò di essere consegnato alle autorità etiopiche per i crimini di guerra commessi laggiù.
Questa, quindi, è la figura a cui un Comune italiano decide di dedicare un monumento, e questo indipendentemente dal fatto che siano stati utilizzati soldi pubblici – il che aggiunge solo il danno (erariale) alla (macabra) beffa. Un paese che sapesse fare i conti con il proprio passato non dedicherebbe un monumento a un criminale di guerra, ma farebbe in modo che nelle scuole questi fatti fossero accuratamente presentati alle nuove generazioni. Generazioni che, aiutate dallo scarso rilievo legale che in Italia si fa del reato di apologia del fascismo, sono invece sono libere di crescere pensando che Rodolfo Graziani fosse solo un personaggio famoso cui la cittadina di Affile ha dato i natali.
E’ possibile firmare una petizione online, che chiede da una parte la revoca dei finanziamenti pubblici – che, come detto sopra, è solo una piccolissima parte del problema – e dall’altra di dedicare il monumento a qualcuno o qualcos’altro. Anche se c’è da notare che dato l’evidente stile fascista (vedere le foto dell’inaugurazione per credere) viene difficile immaginarne una riconversione del mausoleo.
ANNALISA ADDIS, CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna
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