Stefano Pesarelli, classe 1969, è un fotografo professionista che vive in Malawi dal 2005.
Uno dei suoi più recenti progetti fotografici è “Africa through iPhone”, una serie di scatti realizzati appunto col celebre smartphone e poi rielaborati con diverse app. Alcune di queste fotografie sono state anche esposte in diverse mostre internazionali, ottenendo importanti riconoscimenti.
Adesso Africa through iPhone arriva anche a Cagliari, con trenta scatti che saranno in mostra all’Hostel Marina (Scalette S. Sepolcro) dall’11 al 17 ottobre, nell’ambito di “incontri d’AFFRICA”.
In attesa dell’inaugurazione della mostra, abbiamo fatto qualche domanda al fotografo.
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Innanzitutto, come nasce “Africa through iPhone”?
“Africa through iPhone” è un progetto fotografico ampio che si propone di far amalgamare la realtà e le storie di un continente con un nuovo linguaggio fotografico per creare delle immagini decisamente palpabili e comunicanti.
Cartoline dall’Africa in tempo reale con un “semplice” fotocellulare, che prima ancora di essere pratica fotografica, è soprattutto un modo di approcciarsi ai luoghi e alle persone che li abitano; un modo discreto e rispettoso, quasi in punta di piedi, in sintonia con le dimensioni della fotocamera, così lontano dall’invasività dei teleobiettivi da caccia fotografica.
Lo scopo è un racconto fotografico accompagnato da una didascalia, diluito nel tempo. È l’esatto riflesso di come cambia l’Africa sotto i miei occhi e di che cosa è per me questa Africa in cui viaggio. Racconta tante situazioni, dagli incontri, alle suggestioni, alle città, a dettagli che sono come cartoline spedite “live” da quaggiù, istantanee messe in rete per condividere, finestre che ogni
tanto spero abbiano aperto la strada a spunti di riflessione.
Pensi che queste tue foto diano dell’Africa un’immagine diversa rispetto a quella ottenuta con le tradizionali apparecchiature fotografiche?
Potrei sbagliarmi, ma penso che forse è la prima volta che si definisce un genere di fotografie partendo dal mezzo fotografico. Forse solo la Polaroid in precedenza univa diversi fotografi. Non mi pare sia mai esistita la Nikonografia o la Leicanografia per fare un esempio.
Aggiungo anche che non penso che a nessuno sia mai venuto in mente di chiedere a Conrad se “Cuore di tenebra” fosse stato scritto con una stilo o con la macchina da scrivere! Non penso nemmeno che qualcuno si sia posto il problema se i pennelli di Matisse fossero più tecnologici di quelli di Picasso o se la tromba di Miles Davis fosse di una lega talmente particolare da farlo diventare il trombettista più bravo del mondo. In fotografia invece, o meglio, purtroppo, c’è ancora oggi chi pensa che la fotocamera faccia il fotografo. Fortunatamente i più ambiziosi, sono consapevoli che quanto vale per la pittura, la musica o la scrittura, vale anche per la fotografia.
Ci sono storie che devono essere raccontate, ci sono storie che meritano di essere raccontate e un fotografo deve scattare, perchè come dice Scianna, “io sono un fotografo ed io devo fare la foto, è mio dovere scattare e devo anche preoccuparmi di scattare bene”. L’iPhone mi ha permesso di raccontare qualche storia in più che forse sarebbe andata persa nel dimenticatoio.
Come ti trovi tu, fotografo professionista, a scattare foto con un telefonino come le persone qualunque?
Il “fotografo” è sempre stato associato a potenti reflex e lunghi obiettivi. Tutt’ora è ancora così, pochi programmerebbero un safari in Africa senza uno zoom professionale ed una reflex digitale. Qualcosa però sta cambiando, la tecnologia è avanzata ed i mezzi fotografici hanno raggiunto caratteristiche impensabili solo poco tempo fa.
Proviamo a vederla così, l’iPhone non è un telefono che ha al suo interno una macchina fotografica, ma è una macchina fotografica multi funzione! L’iPhone si è aggiunto come mezzo in più, una piccola scatola con un pulsante che oltre a macchina fotografica fa anche da telefono, da computer e da tutte quelle cose tecnologiche dalle quali l’uomo moderno non riesce ad esimersi, mail, internet, instagram, Facebook, Skype, Twitter…
Molti pensano che l’iphoneografia sia scattare foto a caso con uno smartphone e poi usare ancora il caso per lavorarle, sistemarle e correggerle finché non si trova un effetto che piace. Io non la vedo così. Mi è successo molte volte di entrare in un mercato africano, di dover documentare un istante o di avere una luce perfetta e non avere una macchina fotografica! Il mio smartphone, proprio perché è anche telefono è sempre con me e ha un collegamento internet, è diventato un buon compagno di viaggio. Insomma, l’iPhone al momento è un ottimo strumento per alcuni scatti che con la reflex sarebbero più difficili da realizzare. La fotografia non è unidirezionale: essere invisibili con un piccolo dispositivo è un vantaggio da non sottovalutare.
Poi certo, per la fotografia naturalistica uso altri strumenti, ma non rincorro l’ultimo modello. Voglio dimostrare che non serve una macchina fotografica “potente”, ma situazioni da raccontare, e che si può fotografare in viaggio anche portando con sé attrezzature leggere e non ingombranti. La fotografia nasce nella mente, lo scatto con gli occhi.
Passiamo all’altra tua passione/professione, AfricaWildTruck. Ce ne parli meglio?
E’ nato da un’idea mia e di mia moglie Francesca, durante una transafrica, un viaggio in macchina da Torino sino al Mozambico, passando per Tunisia, Libia, Egitto, Sudan, Etiopia, Kenya e Tanzania. Era il 2004 e lei preparava la sua tesi di laurea in architettura, che riguardava appunto un’isoletta mozambicana, “Ilha de Moçambique”, Patrimonio dell’Umanità per l’UNESCO.
Eravamo in viaggio da quattro mesi e ci chiedevamo se la nostra passione sarebbe potuta
sfociare in un qualcosa che ci permettesse di vivere in Africa. Di ritorno da quel viaggio è nato Africawildtruck, un tour operator che ha base in Malawi, sotto il Monte Mulanje, la montagna più alta dell’Africa meriodionale con i suoi 3002 m., dove viviamo e da dove partono i nostri safari.
Africawildtruck significa avventura e turismo responsabile su itinerari poco battuti tra Malawi, Zambia, Mozambico, Botswana, Tanzania e Kenya. Portare benefici alla natura e alla popolazione locale attraverso il turismo è la nostra ispirazione. Siamo impegnati in progetti di conservazione del territorio e la conoscenza e la passione per la fotografia ci hanno portato a collaborare con scuole itineranti di fotografia e di fotografi professionisti.
Qual è la filosofia di chi partecipa alle vostre “spedizioni”?
Chi viaggia con noi non pensa solo a raggiungere una meta, a spostarsi rapidamente da un luogo ad un altro, ma a godere degli infiniti momenti durante il viaggio anche quando si è fermi e non c’è nulla da fare. Chi alla prima difficoltà si rifugia in un supermarket per comprare il Nesquik o piange perché non c’è l’acqua calda o la corrente per asciugarsi i capelli non deve neanche pensare di partire!
ANNALISA ADDIS, CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna