Il Capo è andato via ma il sistema è ancora qua, ci vuole pazienza

Posted on 21 Gen 2011


Avevo sei anni quando il Presidente Ben Ali è diventato capo dello Stato tunisino dopo Bourghiba, ma fino a qualche anno fa ignoravo cosa succedeva, data la mia cultura politica precaria ovvero la consapevolezza uccisa dentro di me. Oggi posso dire che mi sento libera dentro e sono molto fiera di essere tunisina.

Per ventitré anni, Ben Ali ha consolidato quanto già realizzato da Bourghiba: la libertà della donna, lo sviluppo economico e l’educazione. Inoltre, sono state sviluppate le zone turistiche e si è aperto il mercato verso l’Europa. Tutto questo a discapito di altre zone della Tunisia come il Sud, il centro e il Nord-Ovest che sono sempre state zone rurali, arretrate rispetto ad altre e dimenticate dal Governo.

L’economia tunisina si basa prevalentemente sul turismo, un po’ di agricoltura ( agrumi, datteri, olio d’oliva) e un po’ d’industria. Questi tre settori sono quasi assenti in alcuni paesi del centro come Sidi Bouzid, dove abitava Bouazizi, 26 anni, laureato e immolato dopo aver  perso la speranza di trovare un lavoro e chiedere una mano allo Stato per risolvere la sua situazione.

Durante i ventitré anni del governo Ben Ali, bisognava sempre dire si e mai no, tutto era sempre bello, perfetto, esatto, Ben Ali era il nostro Capo dello Stato ed era un perfetto presidente,  il nostro salvatore e creatore del cambiamento. In qualsiasi discorso bisognava sempre ringraziarlo, in qualsiasi bottega, studio, ufficio bisognava mettere il suo ritratto, onnipresente anche lungo le strade.

Iscriversi al partito del governo, RCD (Rassemblement Constitutionnel Démocratique), era quasi obbligatorio ossia vantaggioso dove vi era poco o niente di democratico, almeno sotto il regime Ben Ali, contraddistinto da corruzione, nepotismo, censura, favoritismo. L’iscrizione a questo partito permetteva di godere alcune agevolazioni fiscali, sociali, finanziarie e sul mercato del lavoro. Insomma, bisognava seguire il gruppo e mai essere diverso, guai a colui che dimenticava di applaudire Ben Ali e ringraziarlo per tutto e niente. Si era creato un ambiente di ipocrisia, di paura e di intimidazione, i miei mi hanno sempre detto: “Mai fare politica, mai dire il tuo parere personale, mai dire quello che pensi, mai, mai. Devi sempre stare attenta…!”. In effetti, il settore piu corrotto è quello della comunicazione: i giornalisti dovevano recitare i discorsi già preparati per salvaguardare l’immagine della bella Tunisia fino alla fine della caduta di Ben Ali…ma il popolo non si fida più di questi discorsi pronti, né delle promesse di Ben Ali.

Dopo ventitré anni la paura e la frustrazione sono diventate rabbia trasformate in una palla di neve partita dal deserto. I giovani sono disperati, delusi, dopo anni di attesa, false promesse e falsi progettiLa rivoluzione del 14 Gennaio 2011 è una pura rivoluzione popolare pacifica condotta dall’UGTT (Union Générale Tunisienne du Travail), da giornalisti, avvocati, artisti ed altri. Non si voleva più Ben Ali perché semplicemente non è piu affidabile, è diventato il nostro nemico, l’unico suo interesse era  raddoppiare la sua fortuna insieme a sua moglie e ai suoi familiari: beni immobiliari, imprese  e soldi che alla fine sono  i nostri beni, i beni del popolo e i beni della Tunisia. Ha giocato le sue ultime carte e poi è scappato lasciando un caos nel paese: milizie, vagabondi, ladri che saccheggiano i beni privati e pubblici.

Ora bisogna portare pazienza secondo me, perché se siamo riusciti a eliminare Ben Ali dal campo politico in un mese, avremo bisogno di anni per ripulire lo stesso campo e realizzare piano piano la democrazia. Voglio essere ottimista in merito, perché malgrado tanta corruzione e dittatura, ci sono delle figure politiche ed intellettuali affidabili in Tunisia e quindi sarebbe meglio che svolgessero il loro lavoro nei diversi ambiti in cui hanno competenza e, alla fine, come dice la nostra Costituzione: “La Volontà spetta al popolo”, il quale ha bisogno di tempo per assimilare quello che è successo e capire bene come reagire.

Ora prima di tutto bisogna risolvere il problema della sicurezza nel Paese e provare a riprendere una vita quotidiana normale, prima di essere pronti alle elezioni, fra sei mesi.

 

SAMIA DALLALI – Dottoranda in Studi Umanistici e Sociali – Storia e Territorio presso l’Università degli studi di Ferrara. S’interessa alla Memoria della Comunità italiana in Tunisia, Memoria dei Luoghi e Storia orale, immigrazione e identità, Diaspora italiana.