Guinea-Bissau: ieri, oggi e domani. La voce dei protagonisti

Posted on 2 Lug 2010


I – Il passato

La Guinea-Bissau fu la prima ex-colonia del Portogallo a conquistare l’indipendenza il 24 settembre 1973, dopo 11 anni di lotta armata, attraverso una dichiarazione unilaterale, firmata nella località di Madina de Boé, nell’est del paese. L’atto, riconosciuto immediatamente da circa sessanta stati sovrani, favorì l’immediata caduta del regime coloniale portoghese, sconfitto dalla Rivoluzione dei Garofani del 25 aprile 1974 del Movimento delle Forze Armate, noto anche come “Movimento dei Capitani d’Aprile”.

Il regime democratico instauratosi in Portogallo riconobbe come un atto di diritto l’indipendenza della Guinea-Bissau e nel 1975 la concesse anche alle altre colonie africane.

Il Partido Africano da Independência da Guiné e Cabo-Verde (PAIGC), dopo aver guidato la lotta di liberazione nazionale in Guinea Bissau, ha governato il nuovo Stato indipendente fino al 1991, adottando un regime a partito unico di ispirazione socialista (articolo 4 della Costituzione della Repubblica).

In seguito al processo di liberalizzazione e alla conseguente apertura al multipartitismo (con l’abolizione del già citato articolo 4) tra il luglio e l’agosto del 1994 si sono tenute le prime elezioni pluraliste presidenziali e legislative, da cui sono risultati vincitori il PAIGC e il suo candidato alla carica di presidente, João Bernardo Vieira (Nino Vieira), già al potere.

I primi segni di instabilità politica nel paese sono emersi nel 1998. Se nei primi vent’anni della sua esistenza (1974-1994) la Guinea-Bissau ha conosciuto cinque capi di governo, nei dieci anni successivi (1997-2007) si sono succeduti nove primi ministri. Tra il 1998 e il 2009, si può riscontrare:

  • il conflitto politico-militare del 7 giugno 1998 durato undici mesi;
  • l’Accordo di Pace di Abuja, del primo novembre 1998;
  • il Patto di Transizione Politica del maggio del 1999;
  • la rinuncia del Presidente della Repubblica il 2 giugno del 1999;
  • le elezioni generali (presidenziali e legislative) tenute il 28 novembre 1999, con il ballottaggio il 16 gennaio del 2000, dalle quali sono risultati vincitori il Partido para a Renovação Social (PRS) e il suo candidato alle presidenziali, Koumba Yala;
  • lo scioglimento del parlamento (Assembleia Nacional Popular), per iniziativa del presidente Koumba Yala, nel novembre del 2002;
  • la deposizione del Presidente Koumba Yala dal Comitato Militare per la Restituzione dell’Ordine Costituzionale e Democratico, il 14 settembre 2003;
  • l’adozione della Carta di Transizione Politica da parte del Comitato Militare, dei partiti politici e delle organizzazioni della società civile; carta che delinea il quadro giuridico necessario alla legalità costituzionale;
  • la nomina di Henrique Pereira Rosa a Presidente della Repubblica di Transizione, il 24 settembre 2003;
  • le elezioni legislative nel marzo del 2004, in cui sono stati eletti il nuovo parlamento (Assembleia Nacional Popular) e il nuovo governo, guidati da Carlos Gomes Junior, presidente del PAIGC, il partito vincitore;
  • le elezioni presidenziali del 19 giugno 2005, con ballottaggio il 24 luglio, in cui è risultato vincitore il candidato indipendente João Bernardo Vieira (noto Nino Vieira), nominato Presidente della Repubblica il 1 ottobre 2005;
  • le dimissioni del governo di Carlos Gomes Junior, il 28 ottobre 2005;
  • la nomina Aristides Gomes quale Primo Ministro, il 2 novembre 2005;
  • le elezioni legislative nel novembre 2008, nelle quali si è riscontrata la vittoria del PAIGC, con Carlos Gomes Junior Capo del governo;
  • l’irruzione di un gruppo armato nella residenza del Presidente della Repubblica João Bernardo Vieira, il 23 novembre 2008;
  • l’assassinio, in seguito allo scoppio di una bomba,del Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate, Tagme Na Waye, il 1 marzo 2009;
  • l’assassinio, per mano di un gruppo armato, del Presidente della Repubblica João Bernardo Vieira, il 2 marzo 2009;
  • l’arresto, da parte di un gruppo di militari, del Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate, Zamora Induta, il 1 aprile 2010;
  • l’arresto per alcune ore, da parte di un gruppo di militari, del Primo Ministro Carlos Gomes Junior;

Analizzando il percorso della Guinea-Bissau, dal 1974 ad oggi, periodo durante il quale il paese ha conosciuto diverse crisi economiche, sociali, politiche e militari, e di fronte al fallimento delle istituzioni dello Stato, una domanda emerge necessariamente: come è possibile che un partito (PAIGC), capace di azioni così importanti nella fase della lotta per l’indipendenza, non sia poi stato in grado di mettere in pratica le conquiste della lotta armata e di condurre il Paese verso lo sviluppo nella fase post-indipendenza?

Nonostante non si abbiano le risposte a queste questioni, alcune riflessioni sembrano opportune. Si riscontra:

  • la mancata capacità di lungimiranza e di leadership politica da parte della direzione del PAIGC, in grado di far coincidere l’orientamento del partito con le aspirazioni del popolo;
  • la mancata capacità innovatrice della direzione del partito, in grado di trasformare l’economia di resistenza ereditata dalla lotta armata in un’economia di sviluppo;
  • la mancata democrazia all’interno del partito (dialogo con la base) e democratizzazione delle istituzioni dello Stato.

II – Il presente

Il presente della Guinea-Bissau è alquanto preoccupante. Il paese è stato classificato negli ultimi anni come uno “Stato fallito”, con un governo che non riesce a controllare la totalità del territorio, che non detiene il monopolio dell’uso della forza ed è incapace di assicurare i servizi di base e di sicurezza come ad esempio le prigioni (i cui funzionari sono suscettibili di corruzione); inoltre viene considerato il primo “narco-Stato” dell’Africa. La comunità internazionale, assente nella questione delle uccisioni del Capo di Stato Maggiore Generale delle Forze Armate (CEMGFA) e del Capo dello Stato, rispettivamente il 1 e il 2 marzo 2009, fa ora pressione sulle autorità nazionali perché l’ordine costituzionale precedente a questi episodi venga ristabilito, dimenticandosi della precarietà che quest’ordine costituzionale rappresenta, frutto delle gravi offese alla Costituzione. Questa stessa comunità internazionale cerca ora di “sanare” la situazione risultante dal 1 e 2 marzo 2009, sostenendo che il rispetto per la Costituzione è l’elemento fondamentale che condizionerà gli aiuti internazionali, già compromessi, ma essenziali per un migliore disimpegno del paese. Tale esigenza, però, avrebbe dovuto tener conto degli incidenti  del 1 e 2 marzo 2009.

La comunità internazionale, dovendo proteggere la propria immagine nel mondo e in particolare in Africa, considerando i diversi casi ai quali non riesce a dare una soluzione accettabile, cerca di trasformare la Guinea-Bissau in un esempio di successo del suo intervento, ma a quale prezzo?

I partiti politici e la società civile, così attivi e partecipativi in tempi di campagna politica, si contraddistinguono ora per il distacco, in un contesto in cui il loro contributo lungimirante dovrebbe essere un’esigenza dell’esercizio dei diritti e doveri della cittadinanza. Lo Stato, assente nei tre pilastri- territorio, popolazione e potere politico organizzato- vede la propria struttura organizzativa precaria e fragile così come l’esercizio del suo potere politico. Lo Stato non è più l’unico a detenere l’uso della forza, dal momento in cui l’apparato militare è completamente sfuggito al suo controllo; la giustizia è diventata inoperante e incapace di far fronte alle costanti minacce alla sicurezza dello Stato, al crimine organizzato, in particolare al narcotraffico; infine, lo Stato, con un budget fortemente deficitario e senza mezzi per promuovere l’utilizzo razionale delle risorse del paese a favore del benessere dei suoi cittadini, è diventato completamente dipendente dall’aiuto esterno per la viabilità delle sue azioni interne.

Come conseguenza delle crisi cicliche, il paese ha progressivamente perso le sue risorse umane, e quelli che sono rimasti sono stati trascinati verso la dilagante corruzione, frutto delle precarie condizioni di vita. Il risultato è un’amministrazione inefficace, della quale nessuno è orgoglioso. Questo stato di cose contribuisce alla generale perdita dell’autostima nazionale.

III – Il futuro

Torniamo ora alle questioni poste precedentemente:

  • mancanza di capacità di lungimiranza e di leadership da parte dei partiti politici, in grado di adattare i programmi politici alle necessità e alle aspirazioni delle popolazioni e renderli efficaci;
  • mancanza di capacità innovatrice delle direzioni dei partiti politici che permetta agli organi di fiscalizzazione democratica e ai partiti al potere di creare una vera economia di sviluppo;
  • mancanza di democrazia interna e di dialogo con la base, sia per quanto riguarda i partiti politici, sia per quanto riguarda le istituzioni dello Stato;
  • anche se i deficit sopra menzionati non esauriscono le spiegazioni del “male guineano”, cercare delle soluzioni per colmarli sarebbe un importante passo in avanti.

Come trovare delle risposte a questi deficit che si stanno progressivamente aggravando negli ultimi dieci anni? Senza pretendere di avere delle soluzioni ai mali che affliggono la Guinea-Bissau, osiamo comunque proporre alcune misure che riteniamo siano fondamentali: riconciliazione, risorse umane e ricostruzione dello Stato. Misure che potrebbero contribuire in modo decisivo alla riabilitazione della Guinea-Bissau:

  • Riconciliazione – il paese necessita di riconciliarsi. Senza andare molto lontano, si può dire che dall’assassinio di Amilcar Cabral nel 1973, sono proliferati gli atti di violenza che hanno segnato il periodo contemporaneo della Guinea-Bissau: dalle esecuzioni sommarie alle fosse comuni, ai diversi crimini di sangue, alle eliminazioni che sono seguite all’indipendenza, senza dimenticarsi della necessità di trovare un equilibrio etnico per il problema balanta che persiste fin dall’epoca della lotta di liberazione. È necessario che i guineani si sentano bene con loro stessi e che possano convivere pacificamente in una nazione multiculturale in costruzione, integrata da creoli e da più di venti etnie diverse. Il paese ha risorse sufficienti per sostenere tutti i suoi figli, essi devono avere, però, la saggezza e l’intelligenza di sfruttarli in modo razionale. Come, allora, procedere alla riconciliazione? È responsabilità della società guineana- partiti politici, società civile e diaspora- decidere, con la collaborazione della comunità internazionale- paesi amici, istituzioni regionali e comunità internazionale in senso lato.
  • Risorse umane – il paese necessita di tutte le risorse umane sparse per il mondo, misura che va considerata nel quadro di una politica mirata alla valorizzazione della diaspora e che non implica necessariamente il ritorno definitivo, bensì la partecipazione alla ricostruzione del paese. Bisogna sottolineare la necessità di attuare una profonda riforma delle Forze Armate, volta a creare un esercito repubblicano in tempo di pace, adattato alle condizioni specifiche del paese. Parallelamente al sistema classico di istruzione (elementare, medio e superiore), bisogna mettere in pratica delle politiche contro l’analfabetismo nelle zone rurali (tabanca) e nei luoghi di lavoro; d’altra parte, la formazione professionale sembra essere il settore in cui oggi si dovrebbe investire di più.
  • Ricostruzione dello Stato – si impone la ricostruzione dello Stato della Guinea-Bissau sulla base di nuovi pilastri, che rispondano alle aspirazioni dei guineani, integrando i risultati della riconciliazione nazionale con le risorse umane del paese. Che futuro vogliono i guineani per il loro paese, ora che gli unici nemici sono l’arretratezza e il suo corollario logico, la povertà?

Vogliono un paese che si sviluppi senza sacrificare le proprie radici, un paese moderno che sappia rispettare l’essenziale della propria cultura in un processo in cui la transizione, dalla tradizione alla modernità, si faccia su una base di giustizia sociale e garantisca la sicurezza dei cittadini e dei suoi beni, un paese costruito su presupposti di giustizia, sicurezza e modernità (intesa come conoscenza).

Un paese che chiami tutti i suoi figli sparsi nel mondo capaci di contribuire al suo progresso, indipendentemente dal credo religioso o dalle tendenze politiche.

Un paese unito nella lotta allo sviluppo e una società moderna e giusta, fondata sulla diffusione della conoscenza.

MODERNITA – GIUSTIZIA – SVILUPPO, potrebbe essere il nuovo motto intorno al quale spendere le energie del paese verso la riedificazione di una nuova repubblica della Guinea-Bissau. Ciò implica la costruzione di una società e di uno stato in cui va necessariamente verificato il trade-off tra la tradizione e la modernità, in cui la giustizia è l’elemento moderatore e lo sviluppo l’obiettivo finale. Una società sicura e aperta alla conoscenza, uno Stato forte e una giustizia indipendente.

29 giugno 2010

Pedro A. Godinho Gomes e Henriqueta Godinho Gomes – Membri onorari CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna

Pedro A. Godinho Gomes

Guineano, ha ottenuto la laurea in Amministrazione all’Instituto Superior de Ciências Sociais e Políticas (Lisbona) e una specializzazione in gestione bancaria avanzata conseguita all’Università Cattolica/Istituto di Formazione Bancaria (Lisbona); ex-Governatore della Banca Centrale della Guinea-Bissau e ex-Commissario dell’Union Économique et Monetaire Oeste Africane (UEMOA). In Portogallo dal marzo 2009 per motivi politici.

Henriqueta Godinho Gomes

Guineana, ha ottenuto la laurea in Amministrazione all’Instituto Superior de Ciências Sociais e Políticas (Lisbona); ex-ministro della Funzione Pubblica e Lavoro e ex-ministro della sanità pubblica della Guinea-Bissau; ex-consigliere del presidente della repubblica João Bernardo Vieira (Nino) ucciso il 2 marzo 2009. In Portogallo dal marzo del 2009 per motivi politici.

Traduzione dal portoghese: Patricia Gomes, CSAS- Centro Studi Africani in Sardegna

Per scaricare il PDF in lingua originale – portoghese – clicca qui