Nairutia, Kenya. Il Kenya ha il quarto presidente della sua storia: dopo cinque giorni di scrutini, di fiato sospeso e di attesa per qualcosa che si percepiva nell’aria ed era nell’aspettativa di tanti, la IEBC (Indipendent Electoral and Boundaries Commission), la Commissione che ha il compito di organizzare le elezioni e di vigilare sulla loro correttezza e libertà, proclama durante la giornata di sabato 9 marzo 2013 Uhuru Muigai Kenyatta quale quarto presidente.
Kenyatta, della tribù Kikuyu e figlio del Padre della Patria e primo presidente del Kenya Jomo Kenyatta, riesce a spuntarla su Raila Omollo Odinga, della tribù Luo e figlio di Oginga Odinga, un altro politico che ha fatto la storia del paese durante e dopo l’indipendenza ottenuta dalla Gran Bretagna il 12 dicembre 1963. La differenza tra i due candidati è di circa 800 mila voti (6.173.433 per Kenyatta, sostenuto dalla Jubilee Coalition, contro i 5.340.546 voti per Odinga, sostenuto dalla CORD – Coalition for Reforms and Democracy), ma ancora più importante è l’eccedenza di appena lo 0.3%, ossia appena 8.419 voti, rispetto al 50%, soglia sotto la quale si sarebbe andati al ballottaggio.
Gli altri sei candidati si sono dovuti accontentare delle briciole, con il solo Musalia Mudavadi, della tribù Luhya, che ha ottenuto circa il 4% dei voti, mentre gli altri si sono fermati ad una percentuale inferiore all’1%.
L’affluenza è stata molto alta in tutte le contee del Kenya, a dimostrazione di una popolazione che si sente coinvolta nella vita politica del paese, tanto che subito dopo la proclamazione in tanti si sono riversati nelle strade per festeggiare. Kenyatta e Odinga si sono imposti in modo assoluto nelle contee di loro competenza, vale a dire quelle abitate prevalentemente dalla popolazione appartenente alla tribù di appartenenza, ad esempio nella Murang’a County Kenyatta ha ottenuto 370.099 voti contro i 9827 di Odinga; situazione che viene ribaltata completamente nella Siaya County, dove Kenyatta riceve appena 884 voti contro i 284.031 di Odinga e a dimostrazione che, nonostante i tanti proclami, l’appartenenza tribale ha ancora un ruolo molto forte. Nella Nairobi County la lotta tra i due candidati è serratissima e Kenyatta si afferma per appena 39.392 voti (640.296 contro 600.904).
Insieme al Presidente sono stati eletti anche 47 Governatori, 47 Senatori e 47 rappresentanti delle donne nel parlamento delle contee e 290 Membri dell’Assemblea Nazionale.
In generale sono state elezioni pacifiche, eccetto alcuni scontri proprio il giorno del voto nella zona di Mombasa e a Mandera, nel nord-est del paese, e qualche giorno prima a Kilifi, città costiera a nord di Mombasa. Gli occhi di tutti erano puntati sul Kenya dopo i fatti che seguirono le elezioni del 2007, ma i candidati hanno mantenuto la promessa di elezioni pacifiche fatta alla propria popolazione e all’Occidente e i kenyani hanno seguito la volontà dei candidati. Dopo la proclamazione del vincitore le uniche proteste, comunque pacifiche, sono arrivate dallo sconfitto Odinga, che ha chiesto un nuovo conteggio dei voti.
La vittoria di Kenyatta è stata forse guastata dall’inchiesta del Tribunale Penale Internazionale che pende su di lui e sul suo alleato principale, William Ruto. Entrambi sono accusati di crimini contro l’umanità, relativamente ai disordini seguiti alle elezioni del 2007, fatto che ha portato gli Stati Uniti e la Gran Bretagna a prevedere riserve nei rapporti con il Kenya in caso di vittoria di Kenyatta.
Ma il Kenya sembra di nuovo il paese tranquillo a cui ci aveva abituato prima del 2007 e tante speranze vengono riposte su Uhuru Kenyatta che a oggi, con i suoi 51 anni, è il più giovane presidente del Kenya e il primo figlio di un ex presidente.
FABRIZIO CINUS nasce a Cagliari nel 1977. Al termine di un’esperienza lavorativa in Kenya in un progetto socio-sanitario in favore di bambini orfani sieropositivi, nel 2005 si iscrive alla Facoltà di Scienze Politiche di Cagliari. Nel 2008 consegue la laurea triennale in Relazioni Internazionali con la tesi “Elezioni in Kenya 2007” dopo una ricerca sul campo, nell’aprile 2011 consegue la laurea magistrale in Governance e Sistema Globale, indirizzo Studi Politico Internazionali dell’Africa e dell’Asia, con la tesi “La questione di Mandera fra Kenya e Somalia” dopo una ricerca sul campo. Da quasi due mesi è nuovamente in Kenya e lavora a Nairutia (Nyeri) come responsabile di un progetto per la costruzione di un centro sportivo per i giovani della zona.
Fonti: Sunday Nation, La Stampa, Rinascita