Attrattive dell’East Africa: consigli di viaggio # 2

Posted on 5 Lug 2012


Racconto di un viaggio africano

Siamo partiti nell’agosto del 2010 alla volta di Dar es Salam – la città più grande e popolosa della Tanzania  – e dopo qualche giorno di relax in un campeggio sull’Oceano indiano, abbiamo stabilito l’itinerario. La prima tappa è stata Dodoma, la capitale amministrativa del paese: una serie di edifici e baracche in “the middle of nowhere”; si può anche trovare uno di migliori ristoranti cinesi della nazione, Glocal Africa!

Il viaggio, rigorosamente in pullman, attraversa la Tanzania centrale. Tappa [desiderata] successiva: i siti di arte rupestre a Kondoa (patrimonio dell’UNESCO), ma la strada era dissestata e noleggiare una jeep senza il passepartout di un’agenzia o l’intercessione dei locali è proibitivo.

Proseguiamo verso nord, finalmente si arriva a Mwanza, deliziosa cittadina sul Lago Vittoria: il secondo bacino d’acqua dolce al mondo.  Lo scenario ricorrente prevede la presenza di una minoranza indiana, araba e cinese che gestisce il settore commerciale (negozi e ristoranti) mentre la maggioranza swahili esegue. I grossi resort sono gestiti da occidentali e così buona parte delle attività di servizi collegate al turismo. L’offerta media nel settore ricettivo è quasi inesistente: una stanza senza blatte costa!!

Però c’è lo splendido lago Vittoria, sormontato da una quantità sconvolgente di volatili, un paesaggio delicato e indimenticabile. La città rappresenta inoltre un crocevia ideale per raggiungere la pianura del Serengeti, dove si può ammirare la migrazione degli gnu, oltre 300.000 esemplari che ogni anno rispondono ad un mandato biologico ineluttabile e attraversano al galoppo il parco naturale del Serengeti alla volta del Kenya,  nel parco Masai Mara, spinti dalla ricerca di nuovi pascoli.

Poco più a occidente il Ngorongoro, un cratere spento alto oltre 600 metri che ospita una piana dove gli animali vivono in stato di equilibrio e armonia. I prezzi sono da capogiro. Non ci siamo, con “un fai da te” via terra è impossibile avventurarsi, attraversare la pianura in bus equivale a pagare il biglietto da visitor del parco (100 dollari americani) e il giorno dopo (perché gli orari sono imprevedibili) occorre rifare il biglietto d’ingresso, noleggiare la jeep con guida e pernottare all’interno dei confini del parco. La tassa d’ingresso del cratere Ngorongoro vale da sola 250 dollari.

Ma le attrattive sono tante, troppe, troppo care. Rinunciamo. Una compagnia di bandiera a basso costo ci porta a Moshi, il centro più vicino per raggiungere il Kilimangiaro: un panettone innevato che si erge oltre la linea dell’orizzonte, più alto delle nuvole equatoriali. Ancora la stessa sensazione, siamo circondati da sogni d’infanzia: praterie chiamate “savana” dove vivono le “bestie feroci”; 5800 metri di altezza che regalano la neve sull’equatore, e poi i laghi abitati dai guerrieri Masai.. Tutto è disponibile, ma riservato a pochi, inavvicinabile. Un patrimonio unico servito in deltaplano, in mongolfiera con discesa a terra e calici di vino bianco ghiacciati, in lodge lussuosissimi dotati di ogni confort o in tenda per i più temerari.

Qualche settimana dopo a Zanzibar, conosco una coppia che per 800 Euro ha acquistato a Milano un pacchetto inclusivo di ben 5 parchi naturali (comprensivo di vitto, alloggio e trasporti) tra il nord e il sud del paese. Io non volevo farlo dall’Italia, volevo arrivare in loco, e usare i mezzi pubblici il più possibile e riservarmi il lusso di costruire in autonomia il mio pacchetto emozionale. E quando li sentivo parlare mi ricordai di quella volta a Moshi, che stremati siamo entrati in un’agenzia e l’addetto impeccabile ci ha chiesto : “Tell me. What’s your desire?”. Arrivare in cima al Kilimangiato costa circa US $1000; noi ne abbiamo speso 200 a testa per arrivare al primo rifugio, siamo sui 3.300 metri, quando il paesaggio equatoriale lascia spazio agli arbusti bassi, dove la crisalide diventa farfalla. Di più non si poteva.

In Tanzania non si muove un passo senza passare dal sistema dell’intermediazione turistica. E in Kenya come sarà? Quanto sarà accessibile il patrimonio culturale al visitatore indipendente? Quali saranno i reali rapporti tra cultura e sviluppo? D’altronde chi non ha mai desiderato di immergersi nelle bollicine di una Iacuzzi e vedere davanti a sé la leonessa che lecca i cuccioli?

E nonostante tutto in Africa, si sogna ancora, sempre.


SILVIA GRECA RITA FLORIS si è specializzata alla tsm-Trento school of management e si occupa di management per l’arte e la cultura. Ha trascorso 6 mesi in Mali dove ha realizzato lo studio “Tombouctou et ses bibliothèques: la lumière du desert”.