“Lorenzo. Lettera a mio figlio” di Mario Neri

Posted on 14 Feb 2012


“Vedo, vivo, e non so trarre conclusioni, proprio su nulla”

Lorenzo. Lettera a mio figlio si presenta, come evidente sin dal titolo, sotto forma di una lunga lettera, una sorta di autobiografia volta a far capire al proprio figlio il perché, e il come, l’autore abbia fatto determinate scelte di vita. Una vita ricca di decisioni non facili, non comuni, non sempre comprensibili: la vita di chi decide di essere medico in Africa, per scelta e non per missione.

Ma sin dall’inizio è ben chiaro che questo romanzo è molto più di una questione privata, di un raccontarsi al proprio figlio. La forma è poco più che un pretesto, forse solo lo stimolo per riordinare i propri ricordi e metterli per iscritto. Il risultato di questo lavoro è un libro che parla a un pubblico molto più ampio, e fornisce al lettore molti spunti di riflessione su un lavoro che è spesso frainteso.

Non c’è, in Lorenzo, la santificazione di chi sceglie di partire come cooperante. C’è la storia di un giovane uomo, idealista, obiettore di coscienza, che si iscrive a medicina per mettersi “al servizio dell’umanità”. È disposto ad andare in galera per diserzione, il giovane Mario Neri, se non dovesse arrivare l’opportunità di fare il “servizio sostitutivo”, quello che oggi è il servizio civile. È una storia di scelte, più che di predestinazione.

Fortunatamente il giovane medico riesce a trovare una ONG che lo spedisce in Somalia. E qui inizia il racconto vero e proprio di tutte le esperienze vissute in numerosi paesi africani (oltre alla Somalia, lavorerà in Mauritania, Mali, Sierra Leone, Ciad, Senegal, Angola, Repubblica Centrafricana), inframezzate da periodi in Europa e soggiorni in India.

Lorenzo getta anche luce sul mondo della cooperazione internazionale, erroneamente mitizzato da alcuni, e disprezzato da altri, altrettanto scorrettamente perché non si può fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono, certo, i soldi deviati per avidità personale, così come ci sono i missionari guidati dalla fede e dalla convinzione di essere nel giusto. Ma soprattutto ci sono uomini e donne che scelgono una professione non facile, perché è quello che amano fare. Persone che commettono anche errori, umanamente, ma che cercano comunque di fare del proprio meglio.

Lorenzo, poi, parla anche di un mondo che non c’è più. Di quello per cui bastava essere un giovane  idealista neolaureato in medicina per essere spedito dall’altro capo del mondo, perché la cooperazione erano in pochi a volerla fare. Un mondo in cui le comunicazioni erano difficili, e andare in Africa significava davvero vivere in una dimensione parallela. Ora anche la cooperazione è diversa, è più professionale, c’è tantissima competizione tra giovani iper-qualificati, e si è sempre e comunque connessi. Soprattutto, l’icona del medico bianco che cura i bambini neri viene pian piano sostituita da quella dell’africano che ha potuto studiare e che sceglie di mettersi al servizio della sua gente.

ANNALISA ADDIS, CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna

Lorenzo. Lettera a mio figlio è edito da Iacobelli, e lo si può acquistare anche online qui.