Incomprensibile? Indecifrabile? Allora è “arabo”. E non a caso, visto che questa lingua dalle origini antichissime ha una complessità decisamente maggiore dell’italiano e delle lingue romanze in generale.
Una lingua non esprime solo concetti, ma è portatrice della cultura a cui dà voce; e l’arabo è veicolo di una cultura diversa dalla nostra, ma che presenta dei punti d’incontro per via dell’influsso Mediterraneo e degli scambi tra i gli abitanti delle terre che su di esso si affacciano. Se a ciò aggiungiamo il fenomeno della diglossia che caratterizza questa lingua, che vede un arabo formale contrapposto al dialetto, che a sua volta cambia da paese a paese e da città a città, il tutto si complica immensamente.
Il dialetto egiziano rispecchia una cultura millenaria che ha subito diverse influenze nel passato ed ha una storia diversa da quella degli altri paesi del Medio Oriente. Un paese con una religione radicata nella società ed un forte attaccamento ad usi e tradizioni, che a volte risalgono ai tempi dei faraoni.
Ma le lingue non sono mai isolate da ciò che gli è intorno, e le vicende storiche hanno fatto sì che le due lingue, italiano ed arabo, si incrociassero e prendessero l’una dall’altra, influenzandosi a vicenda. In questo modo, troviamo in italiano diverse parole di origine araba, entrate nell’uso secoli fa, adattate, ed ancora utilizzate, come zafferano, albicocco, algebra o meschino. In cambio, nel dialetto egiziano moderno vi sono diverse parole italiane; parole che non esistendo in arabo classico, gli egiziani hanno adottato – ed adattato – da altre lingue tra cui l’italiano, per lo più nel campo della moda o della mobilia. Per citarne alcune: comodino, moda o fattura.
Ciò che mi ha colpito maggiormente man mano che ho acquisito più padronanza di questo dialetto, sono le espressioni simili all’italiano. Se infatti la lingua è veicolo della cultura, le espressioni ne sono il motore, strettamente legate alla cultura ed alla vita quotidiana. Le espressioni ed i proverbi sono la più fine espressione di una società, e spesso ci fanno capire delle sfumature culturali molto sottili.
Prima di tutto, ci sono le espressioni legate alla religione. “Inshallah”, che significa “se dio vuole”, è senza dubbio una delle parole più utilizzate; solitamente si usa a fine o inizio frase, come buon auspicio per qualcosa che si spera accadrà o che si farà. Anche in Italia questa espressione viene utilizzata, specialmente dalle persone più anziane. Espressioni che rimandano alla religiosità dei due paesi, che se in Italia si sta lentamente perdendo, in Egitto è ancora radicata e resta uno dei punti di riferimento per la popolazione.
Vi sono poi quelle legate all’arte culinaria, ben apprezzata in entrambi i paesi. E dunque una persona che ficca continuamente il naso negli affari altrui, in arabo “bahshur manakhiroh fi…”, diventa uno degli ingredienti più utilizzati nelle due cucine: il prezzemolo, “badunis” in arabo. A quanto pare, ad entrambi i popoli piace farsi gli affari degli altri!
Come tutti i popoli mediterranei, sia gli italiani che gli egiziani sono un popolo passionale e vigoroso. Ma a volte questa passione è meglio reprimerla per il famoso quieto vivere, ed ecco che bisogna “stringere i denti” e fregarsene, o come direbbero al Cairo “bitgez ‘ala sinanoh”. O forse è il caso di essere carini con il prossimo, e trattenersi dal ridere, o come direbbero dall’altra parte del mediterraneo “masek nafsuh ‘ala el-dehk”. O in un momento di sconforto, si scoppierà a piangere, in arabo “monfager fi al-‘aiat”. Queste similitudini non stupiranno particolarmente se si considera il temperamento ed il comportamento in generale dei due popoli.
Infine, troviamo il turpiloquio. Eviterò di elencare le varie espressioni, ma vi basterà sapere che, ahimè, la maggior parte degli insulti sono indirettamente rivolti alle donne della famiglia dell’uomo a cui si sta parlando. Insulti che purtroppo mostrano nei due paesi un maschilismo ancora radicato, con profondità diverse a seconda di dove ci troviamo, ma purtroppo ancora lontano dall’estinzione.
SIMONA CAMPIDANO, si è laureata in Lingue e Comunicazione dall’Università di Cagliari con una tesi in “Apprendimento/insegnamento dell’arabo come lingua seconda”. Al Cairo da 3 anni per approfondire lo studio della lingua araba, ha vissuto in Siria, Spagna e Inghilterra.