Mohammed è nato in Costa d’Avorio e vive in Italia da anni, ma non si è mai ripreso dal viaggio che lo ha segnato, come è successo a tanti partiti con lui. Con terrore ricorda il passaggio nel Sahara, i giorni trascorsi in Libia, l’attraversamento del Mediterraneo su una carretta. Critica il fatto che non esista la possibilità di spostarsi liberamente, disapprova le difficoltà nella mobilità tra continenti, in quanto non si tratta di un “rapporto schietto, reciproco, come dire, umanitario. Al contrario, è un rapporto monodirezionale: tutti possono andare in Africa ma gli africani possono andare in pochi posti, e tra questi non ci sono quelli dove davvero vorrebbero andare, cioè l’Europa, l’Occidente in genere. In Africa possono andare i cinesi a comprare la terra, i belgi a prendersi i diamanti, i francesi a fregarsi il cacao, gli americani e gli inglesi a succhiare il petrolio e così via, ma gli etiopi non possono entrare in Cina, quelli della Sierra Leone non possono andare a Bruxelles, agli ivoriani non è concesso entrare in Francia e i nigeriani non possono raggiungere né Washington né Londra. È normale, no? Da sempre l’Africa è il bottino dei ricchi e potenti, proprio l’Africa che è il luogo più ricco del mondo dal punto di vista delle risorse naturali”.
Mohammed per andare avanti e pagarsi gli studi fa tanti lavori precari, dal call center al magazziniere. Pagato in nero, la sua storia assomiglia a quella di tanti giovani italiani. Sì, se non fosse per un piccolo particolare: il colore della sua pelle e le sue origini, in un paese ancora profondamente razzista, che non vuole accettare ciò che crede “altro” e che quotidianamente lo umilia.
Un paese in cui gli extracomunitari non possono rivendicare i propri diritti, “stanno zitti e muti, se protestano lo fanno con violenza spaccando tutto, ma capita raramente e di solito sono criminali. E se lo fanno, poi non li vedi più, scompaiono, ingoiati dal nulla, dalle carceri, dalle caserme, dai Cpt, Cpi e da qualunque altra sigla che garantisce ordine e sicurezza. In Italia sembra sempre che gli stranieri siano arrivati ieri”.
Mohammed si sente solo, stringe i denti, subisce, resiste e sembra non farcela. Alla fine decide di scegliere: come ci svela il sottotiolo del libro Mohammed vive da precario. Cerca un “passaggio” per emigrare in Africa, sceglie di nuovo la Costa d’Avorio. Una scelta che lo salverà.
MARISA FOIS, CSAS – Centro Studi Africani in Sardegna
Francesco De Filippo (Napoli, 1960) è giornalista dell’Agenzia Ansa ed è stato corrispondente per Il Sole 24 Ore. Per Infinito Edizioni è stato autore di Monnezza (2010) e co-autore con Andrea Camilleri di Questo mondo un po’ sgualcito (2011). Con “Come un italiano”, pubblicato con il patrocinio dell’Associazione Mariam Fraternità Onlus, ha vinto il Premio Internazionale Dottor Domenico Tulino 2011.
Francesco De Filippo, Come un italiano. Mohammed vive da precario. Cerca un “passaggio” per emigrare in Africa, Infinito Edizioni, 2012